Kardinali Betori: 10 anni da fiorentino

Franco Mariani e Cardinale Betori - Foto Giornalista Mattia Lattanzi (4) - CopiaKardinali Giuseppe Betori, attuale Arcivescovo di Firenze, tjetër 8 settembre si appresta a festeggiare i suoi primi 10 anni da fiorentino.

Era infatti l’8 settembre 2008 quando Papa Benedetto XVI, in omaggio alla data della posa della prima pietra della cattedrale fiorentina e della festa della Natività di Maria, rese nota la nomina a Metropolita di Firenze per Mons. Giuseppe Betori, all’epoca Segretario Generale della CEI.

Avrebbe fatto il suo ingresso in città il successivo 26 Tetor. È cardinale dal 18 Shkurt 2012, e appena arrivato ha preso la residenza in città, diventando fiorentino.

Il Cardinale Ennio Antonelli, quando fu annunciato che Giuseppe Betori sarebbe stato il suo successore a Firenze, svelò un piccolo segreto: «Quando nel 2001 fu nominato mio successore alla segreteria della Cei gli dissi: “se avrai pazienza di aspettare dieci anni, sarai mio successore anche a Firenze”. Così è stato, persino prima del previsto!».

Antonelli lo presentò anche come «un genio dell’organizzazione, unisce intelligenza, pasion, kurajo, creatività. Ha tante idee e sa realizzarle, se trova un ambiente favorevole e collaborativo. Betori ha una grande capacità di entrare in relazione con tutti: è saldo sui valori cristiani, ma sa costruire buoni rapporti con i non credenti o con chi appartiene ad altre religioni. Sono doti che sicuramente i fiorentini impareranno presto ad apprezzare».

Un anniversario importante questo per l’Arcivescovo Betori, anche se non sarà celebrato in forma ufficiale, da sempre legato alla nostra città essendo stato nel novembre 1966 un Angelo del Fango.

Quasi una svolta di boa del mandato di “don Giuseppe”, come ama chiamarlo il Sindaco Dario Nardella.

Betori da cinque anni è impegnato nella sua prima, ed unica, visita pastorale alle 300 parrocchie della diocesi dispiegate su 32 i zakonshëm, di cui uno nella provincia senese, durante la quale ha «potuto scorgere il volto più vero di questa città e diocesi».

Due anni dopo il suo arrivo Betori, parlando di se ai suoi sacerdoti, tha: «certamente non sempre all’altezza delle speranze – ne sono per primo consapevole io – ma anche, vi posso assicurare, vissuto da me con la dedizione di cui sono capace e con la gioia che il Signore mi ha donato in ogni incontro con voi e con la gente».

Betori, 71 vjeçar, ordinato nel 1970, da giovane sacerdote ha speso gran parte del suo mandato sacerdotale come assistente dell’istituto San Carlo di Foligno, aiutando i giovani della diocesi a diventare adulti nella fede e cittadini responsabili. Docente di Sacra Scrittura ad Assisi, dato ancora oggi ampiamente riscontrabile in tutte le sue omelie molto spirituali e catechetiche, ha ricoperto vari altri incarichi, tra i quali spicca quello di direttore dell’ufficio catechistico nazionale, sottosegretario della Cei, organizzatore della giornata mondiale della gioventù di Roma nel 2000, presidente della commissione presbiterale italiana. È stato nominato vescovo da papa Giovanni Paolo II e Segretario Generale della CEI il 5 Prill 2001, incarico che ha ricoperto fino al settembre 2008, quando Benedetto XVI l’ha nominato Arcivescovo di Firenze. È presidente della Conferenza Episcopale Toscana dal 10 Shkurt 2009.

Anche se non sembra – e non lo ammetterà mai – di fatto è un “rivoluzionario”, che si sa imporre senza dover fare grosse battaglie, lavorando come fa il mare con le spiagge, piano piano, scavando anno dopo anno.

Cito solo due casi “eclatanti”: durante la solenne cerimonia in Vaticano per l’imposizione della berretta cardinalizia fece andare su tutte le furie i cerimonieri pontifici quando, con la berretta appena impostagli da Benedetto XVI, invece di tornare processionalmente al suo posto, lasciò il corteo, rompendo i ritmi del cerimoniale, per andare a salutare il Presidente del Consiglio dei Ministri Mario Monti. Oppure quando ha “imposto” al Comune di Firenze diverse nuove norme per il rito dello Scoppio del Carro: oggi non solo il giorno di Pasqua ma anche con un estensione al sabato santo.

Di carattere socievole, molto disponibile, specialmente in quest’epoca fatta di selfie, tuttavia, qualche volta anche se raramente, perde le staffe, e quando le perde, per quei pochi minuti non sente e non vede nessuno. Poi si riprende e si scusa con chi gli ha fatto perdere le staffe, come ho potuto vedere personalmente quando le vittime di don Lelio Cantini gli giocarono uno “scherzetto” di non poco conto durante una cerimonia nella Basilica della Santissima Annunziata. Una volta si è arrabbiato – ovviamente bonariamente – anche con me, quando il giornale per cui lavoravo, Il Nuovo Corriere di Firenze, fece una locandina a tutta pagina con la notizia che Betori era pronto a fare le valigie per Roma. Un titolo che non avevo ovviamente fatto io, anche se nell’articolo – e ne sono tutt’ora convinto – sostenevo che il Papa (Ratzinger) pensava ad un incarico nella Curia Vaticana per Betori.

«Franco – urlò, tra il serio e lo scherzoso, sul sagrato della chiesa parrocchiale di Santo Stefano in Pane a Rifredi – questa volta l’hai fatta grossa. Io non faccio le valigie!».

Così come non ha mai perso la pazienza durante tutta la brutta faccenda, non del tutto chiarita, dell’attentato alla sua persona, in cui rimase ferito il suo segretario don Paolo Brogi. Per mesi e mesi il suo cellulare, così come i telefoni della curia e di altri suoi collaboratori, furono intercettati dalla Procura. Da allora Betori è sotto scorta della Questura, poliziotti che il Cardinale definisce «i miei angeli custodi».

Si sa, i fiorentini amano commentare, e così quando Betori fu inviato dal Papa a Firenze qualcuno disse: «non ha esperienza pastorale», «è un dirigente dell’azienda chiesa». Qualcuno, sia tra il clero che tra i fedeli, auspicavano un arcivescovo in stile “renziano”, protagonista su tutto e dappertutto, leader carismatico all’interno della chiesa italiana, in contrapposizione con gli altri vescovi. Tjetër, vend, auspicavano una pastoralità del silenzio di fronte alle sfide che pone questa società.

Invece «nel silenzio» Betori ascolta le opinioni degli altri, si consulta, verifica, e poi con «la Parola» decide. E decide lui, non gli altri, «per poter contribuire a sostenere una vita vera e piena».

Quando l’allora Sindaco Matteo Renzi lanciò i 100 punti, l’Arcivescovo Betori ne lanciò 6, racchiusi in un documento di 23 faqe: «non un programma di governo, ma una proposta culturale e, për këtë, come proposta politica in senso ampio, verso i quali far convergere attori politici e sociali e l’opinione pubblica, dove il filo rosso che attraversa tutto il documento è la dimensione della relazione e la visione di città come comunità. I sei punti riguardano: il bene comune, il pluralismo, il nuovo welfare, il terzo settore, imigrim, gli spazi di incontro per i giovani (e non solo per loro). I cattolici tanto hanno dato e tanto hanno da dare a questo nostro Paese e a questa nostra città. È però necessario che osino ancora di più, elaborando proposte e assumendo impegni e responsabilità chiare e coerenti, misurandosi con i problemi reali, riscoprendo la fatica del confronto, valorizzando l’autentica laicità cristiana, che sa incarnare i valori perenni nella mutevolezza dei problemi concreti».

L’allora Sindaco Leonardo Domenici nel salutare la nomina di Betori disse: «Firenze, come tutte le grandi città vive una fase di grande cambiamento; non solo di trasformazione e modernizzazione urbana, ma anche di contraddizioni e nuove questioni sociali che ci pongono di fronte a problemi impensabili solo pochi anni fa. Problemi che tutti, ognuno per la sua parte, siamo chiamati ad affrontare e cercare di risolvere».

Tanti i suoi interventi sulla città, sui suoi mali, come sulle sue potenzialità; tante le sue lettere, specialmente alla famiglia, e gli inviti ai politici che incontra almeno due volte l’anno. In una di queste occasioni disse: «La figura “ideale” del politico “cattolico”, ovvero di quel “servo” che compirà la sua missione senza quella proclamazione pubblica dispotica e imperiosa, “non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce” (Is 42,2). In modo analogo non eserciterà un potere dispotico, che schiaccerà i deboli, secondo le dure leggi del mondo, ma agirà con la mitezza e la cura dei poveri. L’agire sociale e politico non è solo individuazione di corretti obiettivi, ma anche modalità di azione attente agli altri, soprattutto ai più fragili e meno garantiti, con il coraggio di scelte che guardino al futuro nella costruzione di una convivenza coesa e partecipe. La proclamazione del diritto vero deve mettere in conto l’avversione e, come per Gesù, deve esprimersi nel dono di sé che non teme neanche la morte. Anche questo dono di sé – concluse Betori – nella forma di un servizio disinteressato, costituisce una caratteristica fondamentale dell’impegno sociale. A questo spirito vi invito».

Një ditë, rispondendo a una mia specifica domanda su cosa vuol dire essere fiorentini oggi nel terzo millennio, mi disse: «A non rinunciare in nulla a quello che è il passato di questa città e sedimentarlo dentro di noi in una consapevolezza culturale sempre più altra; qui la sfida culturale è una sfida giornaliera, e da questo punto di vista davvero si è sempre in crisi rispetto alle legittime aspettative, in Firenze e fuori Firenze, per rispondere all’attesa. D’altra parte però questo bisogno di essere nell’oggi fiorentini, nell’oggi Firenze, è quello che dobbiamo intensificare con un cammino di riscoperta delle nostre attuali potenzialità».

Franco Mariani
Nga numri 215 – Anno V del 29/8/2018

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