Il rito dello Scoppio del Carro nel libro di don Roberto Gulino

Don Roberto Gulino - copertina libro scoppio del CarroLo Scoppio del Carro a Pasqua, una delle più antiche, se non addirittura in assoluto la più antica tradizione fiorentina, oltre ad essere tra le più amate dalla popolazione, e ricercata dai turisti, da qualche anno è tra le feste ufficiali del Comune di Firenze grazie ad una delibera approntata dall’allora Assessore alle Tradizioni Popolari Fiorentine Eugenio Giani.

Anticamente però tale cerimonia non si teneva il giorno di Pasqua, ma al Sabato Santo, e non sempre, o solo, in Piazza Duomo, ma anche in altre piazze del centro cittadine, tanto che in una di queste, en 1909, ci fu anche un episodio drammatico dove, a causa degli scoppi di alcuni mortaretti tra la gente, morirono un giovane fotografo e una piccola bimba di 10 años.

Tutto è filato normale fino al 2012 quando su tale cerimonia, che ha origine prettamente religiosa, l’Arcidiocesi fiorentina non ha iniziato, giustamente, a rivendicare le sue prerogative.

Rivendicazioni che si sono basate, giustamente, con documenti alla mano, grazie al lavoro certosino dell’allora direttore dell’ufficio liturgico, don Roberto Gulino, oggi Cerimoniere, o mejor, in base alla nuova denominazione, Maestro delle Cerimonie dell’Arcivescovo, oltre ad essere Segretario Particolare del Cardinale Arcivescovo.

Don Roberto ha compiuto una ricerca storica approfondita, scaturita prima nella Tesi di Licenza (Il rito dello Scoppio del Carro durante la celebrazione eucaristica del giorno di Pasqua nella Cattedrale di Firenze), discussa il 14 Diciembre 2004, e dall’elaborato scritto per la Lectio Coram, tenuta il 30 Noviembre 2010 (Laa drammatizzazione del Mysterium paschalis: l’annuncio della risurrezione tra «Quem quaeritis» e «Visitatio sepulchri» alle origini del dramma liturgico), e infine nella Tesi per il Dottorato in Sacra Liturgia, discussa a Roma il 23 Noviembre 2016 alla presenza del Cardinale Betori («Christus, angularis scilicet lapis, confert divinae claritatis ignem fidelibus» Il rito dello Scoppio del Carro della Chiesa fiorentina nella solennità di Pasqua”), oggi culminati nel libro “Il rito dello Scoppio del Carro della Chiesa fiorentina nella Solennità di Pasqua”, pubblicato da Pagnini Editore di Firenze nella collana dell’Archivio Arcivescovile di Firenze diretta da don Gilberto Aranci.

Il libro si trova in vendita nelle librerie fiorentine San Paolo e Salimbeni, e on line su vari siti web specializzati.

En 2012, durante una conferenza stampa in Palazzo Vecchio la diocesi, per bocca dell’allora Vescovo Ausiliare Claudio Maniago, rivendicò di voler “recuperare il significato più profondo del rito e il suo valore simbolico e spirituale, segno di fede vissuta e popolare, che nel tempo ha finito per diluirsi in una manifestazione forse troppo folkloristica”.

Quel “troppo folkloristica” era riservato al Comune, che negli anni, soprattutto nel secolo scorso, De 1959, con il passaggio dello Scoppio del Carro al giorno di Pasqua, “aveva rivoluzionato le finalità e il rito”, che prima si svolgeva alle ore 12 del Sabato Santo, durante la veglia, que, con la riforma liturgica del 1955 di Papa Pio XII, è poi passata invece alle ore notturne, come avviene ancora oggi.

“Il rito dello Scoppio del Carro – sottolineava nel 2012 la nota della diocesi, diffusa dall’ufficio stampa di Palazzo Vecchio, cosa abbastanza insolita – affonda le sue radici nella preziosa esperienza delle tradizioni religiose popolari della città di Firenze che da sempre sanno tessere insieme elementi umani, culturali e spirituali di altissimo valore, forgiando eventi che oltrepassano i secoli”.

En efecto, secondo la leggenda, fu Pazzino de’Pazzi a portare a Firenze, come dono per essere stato il primo a scavalcare le mura di Gerusalemme durante le Crociate, ben tre pietre del Santo Sepolcro; Firenze da subito usò queste scaglie, al Sabato Santo, per accendere in Cattedrale il fuoco santo della veglia pasquale, che veniva celebrata alle ore 12, fuoco che poi i giovani distribuivano alle famiglie della città, porta a porta.

Nel Trecento poi arrivò anche un carro che portava il fuoco, probabilmente su un braciere a giro per la città, di famiglia in famiglia.

Nel XVII secolo abbiamo testimonianze di un secondo Scoppio del Carro dopo quello davanti alla Cattedrale, in prossimità del palazzo della famiglia de’ Pazzi in via del Proconsolo, al Canto dei Pazzi. Questo ulteriore Scoppio venne ripetuto regolarmente fino ai primi del 1900 cuando, con l’impianto delle linee elettriche dell’allora tramvia, che passavano in via del Proconsolo, si decise di spostarlo; dapprima in piazza San Firenze, e poi in piazza Emanuele, l’odierna piazza della Repubblica. In seguito all’incidente mortale del 1909 si decise di togliere questa seconda tappa, e di lasciare unicamente lo Scoppio del Carro davanti alla Cattedrale.

La sperimentazione, De 1956 al 1958, dello spostamento alla notte del Sabato Santo, a causa della riforma liturgia, fu un vero fiasco, con pochissime presenze, anche a causa delle grandi piogge di quel tempo, e quindi, De 1959, lo Scoppio avviene il giorno di Pasqua, prima alle ore 12 e da qualche decennio alle ore 11.

Solo che così si è perso, secondo la diocesi, “nettamente l’originario e significativo collegamento con il fuoco benedetto durante la veglia pasquale che costituiva la cornice di senso ed il contesto semantico di tutto il rituale dello Scoppio del Carro”.

A quel punto, documenti alla mano, a Palazzo Vecchio non è toccato che cedere le armi e accondiscendere alle richieste della Curia fiorentina: “Abbiamo accolto con gioia ed interesse queste modifiche, che coinvolgono uno degli eventi più sentiti dalla città” disse l’allora un po’ imbarazzato vicesindaco Dario Nardella durante la conferenza stampa, e quindi da quel momento si è cambiato registro.

La novità – in attesa forse di riportare anche lo Scoppio al Sabato Santo, come scrive don Gulino nel libro, e come già avevo intuito e scritto nel 2012 sull’argomento – sta nel fatto che il corteo che porta le scaglie del Santo Sepolcro in Duomo, scortate dal Sindaco, con Gonfalone, Famiglia di Palazzo, e qualche rappresentante del Corteo Storico della Repubblica Fiorentina, non parte più da Palazzo Vecchio la domenica mattina, ma il Sabato Santo alle ore 21 acerca de, per raggiungere prima la chiesa dei Chiesa dei Santi Apostoli e Biagio, dove le scaglie sono custodite gelosamente tutto l’anno, e poi la Cattedrale.

Le tre pietre del Santo Sepolcro, e il suo acciarino originale, servono per far scoccare la scintilla del fuoco santo in uno dei primi momenti della veglia del Sabato Santo, la veglia per eccellenza della cristianità.

Dopo la benedizione del fuoco nuovo. e l’accensione del Cero pasquale, segno della luce di Cristo Risorto, un tizzone del fuoco benedetto viene collocato all’interno del braciere porta-fuoco, anche questo conservato tutto l’anno ai Santi Apostoli e Biagio; il braciere, in questa occasione, viene custodito fino alla mattina seguente in Cattedrale per dare avvio allo Scoppio del Carro con l’accensione della miccia della Colombina.

E anche qui una altra novità, perché dal 2012, dopo che per tempo immemorabile ci ha pensato un canonico, è l’Arcivescovo in persona a dare fuoco alla miccia che fa partire la colombina al canto del Gloria.

E sulla colombina la Curia precisò: “Dopo aver dato avvio allo Scoppio del Carro il razzo, chiamato familiarmente ‘la Colombina’, ritornava indietro alla colonna di legno, tramite un secondo razzo orientato in direzione opposta, invocando l’auspicio di un raccolto abbondante e di un’annata favorevole per tutti. Tale significato è collegato all’originaria tradizione di portare il fuoco benedetto nelle singole case stando attenti che non si spenga, dando così garanzia di una continuità della benedizione dal suo momento iniziale, nella Chiesa durante la veglia pasquale, a quello conclusivo, all’interno di ciascuna abitazione. Si vuole ricollocare il rito dello Scoppio del Carro nel suo autentico legame con la veglia pasquale per riscoprire e valorizzare il suo profondo valore simbolico-spirituale di diffondere la luce nuova del Cristo Risorto, la sua Grazia e la sua Pace su tutte le persone presenti e su tutta la città di Firenze”.

En 2012 all’omelia della Messa di Mezzanotte di Pasqua di quell’anno, l’Arcivescovo Betori disse: “Abbiamo innovato quest’anno lo svolgimento dell’antica tradizione del fuoco nuovo pasquale a Firenze, riportandolo alle sue radici, proprio per esprimere che l’unica nostra luce è Cristo. Da quest’anno è più evidente l’unità tra il fuoco della veglia pasquale e del lume del cero in questa notte e il fuoco della colombina e del carro che scoppiando domani con il gioco dei suoi fuochi illuminerà la città tutta di una luce nuova, la luce della Pasqua del Signore. Sono grato – proseguì il Cardinale – alle autorità religiose e civili che hanno colto il mio indirizzo a ritrovare l’unità dell’evento e ne hanno proposto una traduzione semplice ed efficace. Questo ci permette di cogliere meglio il senso stesso di un’antica tradizione, così da poterla vivere con maggiore consapevolezza: Firenze celebra con grande fragore la gioia della Pasqua, riconoscendo che solo dalla luce di Cristo risorto può giungere una luce capace di illumina tutta la città e la vita dei suoi abitanti, perché solo in lui si riconosce una radice di novità vera, a cui merita affidare le proprie speranze e il proprio cammino. Mi piace pensare che tutto questo non sia soltanto un rito suggestivo, che inizia in questa notte e si compie al temine della mattinata di domani (ovvero del giorno di Pasqua N.d.R.), ma sia davvero una convinzione dei cuori e un impegno che Firenze prende con il Signore. Abbiamo bisogno di una luce che rompa questi schemi ormai vecchi e porti la novità di una vita che vorremmo assaporare come acqua fresca. Solo un risorto può darci questa novità, tagliando ogni legame con le cose morte che ci impediscono di alzarci e intraprendere un cammino che abbia i caratteri dell’autenticità. Bagnati dall’acqua del battesimo, con Cristo possiamo vincere la morte e costruire una vita nuova nella verità”.

Tiempo, alla vigilia dell’edizione 2018 dello Scoppio del Carro, arriva il libro di don Roberto Gulino, di certo non il primo libro in assoluto sullo Scoppio del Carro, di sicuro il primo del Terzo Millennio, e se non in assoluto, almeno il più completo e documentato, anche perché, come evidenzia lo stesso autore, la maggior parte dei libri su tale argomento scritti nei vari secoli sono andati rovinati, se non addirittura persi, durante la tragica alluvione del 1966, tra l’altro “annunciata” dal mancato ritorno della colombina in cattedrale, con il volo infausto.

Quella di don Roberto è proprio una passione, in generale per la Liturgia, in particolare per lo Scoppio del Carro; una passione che nasce “quando ero molto piccolo e sulle spalle del babbo, insieme a mamma e sorella, in piazza san Giovanni ho assistito per la prima volta allo Scoppio del Carro. Non nego la paura – per scoppi, botti e mortaretti – ma sicuramente ricordo bene l’emozione e la gioia di vedere tante luci, suoni, colori da rimanerne estasiato ed impressionato a lungo, leggendo poi da adolescente in poi vari libri che parlavano di Firenze e delle sue tradizioni”.

Il libro oggi pubblicato nasce per “poter condividere con gli altri il piacere di conoscere quanto ho scoperto grazie a questa passione per la Liturgia e per lo Scoppio del Carro, e poter vivere con maggiore consapevolezza quanto la Tradizione cristiana della Chiesa di Firenze ci consegna ancora oggi nel modo di celebrare la risurrezione attraverso il rito dello Scoppio del Carro, davvero molto più di un semplice evento di tipo folcloristico”.

Il libro si divide in 4 capitoli: la drammatizzazione sacra dei riti del mistero pasquale (capitolo I) e sulla ricerca delle origini specifiche dello Scoppio del Carro, analizzando il contesto religioso e tradizionale della città di Firenze e ripercorrendo le tracce che dalle origini portano all’attuale svolgimento della Pasqua fiorentina (capitolo II), per poi tornare con maggiori acquisizioni teologiche e migliori considerazioni storico-liturgiche al rito celebrato e vissuto ancora oggi studiandone l’evoluzione eucologica – dalla formulazione vissuta alle origini, alla proposta adottata fino alla riforma liturgica della settimana santa del 1955, alle successive riformulazioni, fino alle novità inserite con l’ultima revisione del 2012 (capitolo III) – e studiando con l’analisi simbolico-funzionale la nuova struttura celebrativa proposta, e adottata, per una migliore riqualificazione di senso del rito dello Scoppio del Carro – esaminandone struttura, attori coinvolti, dispositivo ecologico ed etologico ed infine gli atti di linguaggio (capitolo IV).

Tra le tante curiosità che si trovano nel libro l’elenco completo e dettagliato degli esiti del volo della colombina dal 1896 al 2016, l’iter relativo ai testi delle nuove preghiere adottati dal 2005 e su cui lavorarono lo stesso don Gulino, Mons. Elio Morozzi (già Cerimoniere dell’Arcivescovo e da sempre Parroco dei Santissimi Apostoli e Biagio) e Mons. Paolo Ristori (Proposto della Cattedrale), gli orari dei vari voli della Colombina nel secolo scorso.

Il libro è anche innovativo, soprattutto nella parte riportata nelle pagine 166 -167, quando don Gulino auspica lo svolgimento del rito dello Scoppio del Carro in tre momenti, in giorni e orari diversi da quelli attuali: al sabato santo, durante la veglia, l’accensione del fuoco e l’arrivo in cattedrale delle scaglie, il giorno di Pasqua l’ora media, l’aspersione con l’acqua benedetta, breve liturgia della parola, Gloria e Scoppio del Carro, benedizione finale, e infine, al pomeriggio di Pasqua, la celebrazione eucaristica, “a sigillo di tutto il rito dello Scoppio del Carro con il rendimento di grazie al Signore per i benefici della sua salvezza nel giorno della Risurrezione”.

E chissà che prima o poi non ci si arrivi…

Frank Mariani
Por el número 197 – Anno V del 28/3/2018