L’Alluvione in scena nei teatri fiorentini per il 50° anniversario

logo iniziative alluvione 66 Associazione Firenze PromuoveIn occasione del 50° Alluvione di Firenze tante sono le commedie che saranno messe in scena in vari teatri fiorentini.

1, 3, 4, 5, 6 November
Teatro Le Laudi

Namastè Teatro presenta
"Florentius 4 - 11 – 1966”
di Fiorella Magrin
regia di Sandra Morgantini
con Rita Serafini- Michele Fabbri – Valeria Vitti – Andrea Nardi – Fabio Cabras – Sandra Morgantini – Barbara Danzè – Lorenzo Bittini – Stefano Acciarino – Carlo Guerri
e con la partecipazione straordinaria di Lisetta Luchini
Direzione tecnica di Marco Ricci

Torniamo indietro di mezzo secolo ed entriamo, in punta di piedi, nella dignitosa casetta di Gigi, abile restauratore, che vive con la madre Pia in San Frediano. E’ la sera del 3 November 1966, sta per scatenarsi l’alluvione che sommergerà Firenze. Usando materiale dell’epoca, brani critici, reportage giornalistici e una buona dose di quell’ironia che contraddistingue i fiorentini, ricostruiamo in palcoscenico quelle ore drammatiche vissute in quell’ appartamento che accoglie i vari vicini costretti ad abbandonare le loro abitazioni a mano a mano che il livello dell’Arno cresce. Ore drammatiche, note, ma anche piene di vitalità, coraggio e tanta forza d’animo: quelle doti che hanno permesso, poco più di un mese dopo il disastro, di rendere meravigliosa ed addobbata per il Natale una delle città più belle del mondo. Grazie ai fiorentini “una popolazione che piange con un occhio solo e, colpita dalla tragedia, entra in polemica con essa”.


Da Giovedì 3 Sunday 13 November
Theatrum in sporta

Compagnia stabile Teatro di Cestello presenta
“4 NOVEMBRE 1966, AIUTO L’ALLUVIONE”
di Oreste Pelagatti
Regia Marco Predieri

Nel cinquantennale dell’Alluvione di Firenze, evento drammatico che sconvolse la città, ma che fu anche motore di uno storico momento di straordinaria solidarietà e di aggregazione umana, il Teatro di Cestello, affacciato così sull’Arno e con ancora quell’umido nel profondo della propria storia e della propria anima, non poteva non unirsi alle tante celebrazioni che ricorrono in città.

Lo fa offrendo al pubblico questa bella commedia brillante, scritta diversi anni dopo il 1966 da Oreste Pelagatti, arguto osservatore del carattere e delle vite di noi fiorentini, dove alla paura, alle difficoltà di quei giorni di piena si uniscono lo spirito schietto e l’inventiva della gente battezzata con l’acqua d’Arno.

Un intreccio frizzante che vede protagoniste tre famiglie, rivali ma non troppo, che si troveranno improvvisamente unite dagli eventi e … da un Cupido dispettoso, che non depone l’arco dorato neanche mentre l’Arno tracima.

4 - 5 November
Teatro Niccolini di Firenze
PRIMA NAZIONALE
Fondazione Teatro della Toscana Accademia degli Infuocati
La Compagnia delle Seggiole
SOTTO UNA GRAN PIOVA D’ACQUA…
a cura di Sandro Bennucci, Marcello Mancini et Massimo Sandrelli

L’Alluvione nei ricordi di Piero Bargellini (l’allora sindaco di Firenze), Enrico Mattei (direttore de ‘La Nazione’) e attraverso il diario mimino di un sedicenne dell’epoca (Massimo Sandrelli). Una testimonianza e un monito per i meno giovani e per tutti coloro che non vissero direttamente quei giorni.

11 - 13 November 15 - 16 November
Teatro Niccolini di Firenze
PRIMA NAZIONALE
Fondazione Teatro della Toscana Marco Zannoni
FINCOSTASSÙ
di Alberto Severi
regia Lorenzo Degl’Innocenti

A 50 anni dal ’66, il giornalista e drammaturgo Alberto Severi riflette sull’alluvione che arrivò Fincostassù, al massimo di 13 metri sul livello stradale di Firenze.

Una sorta di spartito a più voci per attore solo, trascinato a testimoniare le varie fasi della catastrofe, assumendo di volta in volta l’identità di traghettatore beone o di sommesso eroe dell’acquedotto, di acida bottegaia o di cacciatore spaccone, di pittore dongiovanni o di pretino di curia, di rigattiere filosofo o di ciarliera moglie dell’orefice di Ponte Vecchio.

Una produzione Fondazione Teatro della Toscana. “Fin costassù” è arrivata l’acqua d’Arno nel 1333, in 1844, nel 1966… I fiorentini a volte sembrano indicare quasi orgoglio, ai “forestieri”, le lapidi apposte sui muri del centro storico, a segnare il livello raggiunto dalle acque limacciose del fiume in occasione delle alluvioni che hanno devastato Firenze nel corso dei secoli.

L’espressione semi-dialettale diventa qui il titolo, e il pretesto, per una sorta di spartito a più voci per attore solo: dove una sorta di proteiforme personaggio collettivo, trascinato suo malgrado dal bozzetto vernacolare al dramma a fosche tinte, viene chiamato dagli eventi a testimoniare le varie fasi della catastrofe, assumendo di volta in volta l’identità di traghettatore beone o di sommesso eroe dell’acquedotto, di acida bottegaia o di cacciatore spaccone, di pittore dongiovanni o di pretino di curia, di rigattiere filosofo o di ciarliera moglie dell’orefice di Ponte Vecchio.

Il vernacolo con i suoi stereotipi, insomma, travolto e tuttavia ancora galleggiante nella Tragedia. Almeno mezzo secolo fa, in 1966. Fluisce, si ingorga e tracima, sic, a imitazione dell’Arno in piena, una teoria di figure e vicende ora tragiche, ora comiche – e spesso tragicomiche –, per raccontare il diluvio come in diretta, a distanza di mezzo secolo, passandosi il testimone della narrazione-rappresentazione.

Fino allo struggente finale affidato al personaggio di Angela, l’angelo del fango, con le sue limpide lacrime riparatrici, e al controcanto ironico di Polvere, il cenciaolo-filosofo che di Firenze rappresentava, già a metà del ventesimo secolo, l’estrema, dimessa incarnazione.


17 November
Teatro Niccolini di Firenze
PRIMA NAZIONALE

C.A.M.A
OLTRE GLI ARGINI
Florentiae, 4 November 1966
de Paola Presciuttini
con Gionni Voltan
regia Mario Mattia Giorgetti

Da quando il mondo è mondo l’alluvione, o diluvio che dir si voglia, è simbolo della fine e dell’inizio della vita. Le alluvioni ci sono sempre state e purtroppo ci saranno sempre. Anche l’Arno tracima i suoi argini una volta ogni cento anni dalla notte dei tempi, il fiume è la base della cultura e della storia della città, l’ha aiutata a crescere, l’ha invasa e distrutta, passa silenzioso sotto le gambe larghe dei ponti come un testimone discreto.

Il sarcasmo fiorentino, di cui l’autrice, Paola Presciuttini, e l’interprete, Gionni Voltan, sono rappresentanti per ragioni di ‘nascita, di cultura e di scelta’, quello stesso spirito che ha permesso alla città di non soccombere al disastro, è l’imbarcazione con la quale Oltre gli argini, regia di Mario Mattia Giorgetti, naviga sulle onde limacciose di una storia che non verrà mai raccontata abbastanza.

Una produzione C.A.M.A. Provare a raccontare l’alluvione di Firenze del 1966 è un modo per coltivare la memoria collettiva, tessuto e trama di ogni convivenza civile. Un modo per sensibilizzare le autorità, e soprattutto i cittadini, a un tema tanto importante qual è quello del rapporto con il nostro ambiente e renderci consapevoli della nostra interdipendenza con gli elementi della natura, attraverso il ricordo di un evento che ha visto una città, una nazione e il mondo intero uniti con l’obiettivo comune di salvare un luogo che è patrimonio di tutta l’umanità. Florentiae, nonostante la catastrofe, si può dire sia stata fortunata, le vittime sono state relativamente poche, ma altrove? Altrove, nelle centinaia di alluvioni che ancora oggi devastano il mondo in ogni angolo, le cose vanno diversamente.

Perché, dopo millenni di convivenza con i fiumi, non abbiamo imparato il rispetto per la loro potenza e per il loro carattere. Il sarcasmo fiorentino, di cui l’autrice e l’interprete sono rappresentanti per ragioni di “nascita, di cultura e di scelta”, quello stesso spirito che ha permesso alla città di non soccombere al disastro, sarà l’imbarcazione con la quale navigare sulle onde limacciose di questa storia che non verrà mai raccontata abbastanza.

Gionni Voltan, diretto da Mario Mattia Giorgetti, narra ciò che la storia ha conservato di quella pagina catastrofica che è stata l’alluvione di Firenze. Per evitare di commemorare un triste fatto di cronaca, la storia viene rivissuta attraverso una serie di personaggi, immaginari, ma possibili e … potenza della narrazione, dall’Arno stesso, il fiume un po’ bizzarro, un po’ invadente, come lo sono tutti i fiorentini.

Durante lo spettacolo vengono proiettate immagini di quei fatti, immagini catastrofiche, talvolta anche singolari, impreviste, sempre “autenticamente” fiorentine, che furono registrate in quel Novembre del ‘66. C

ome il beffardo cartello di una trattoria del centro, affisso all’indomani dell’alluvione: “Stasera Umido!” Il testo di Paola Presciuttini vuole raccontare una storia del passato ben conosciuta nel mondo, ma anche essere un monito per il futuro, considerate le catastrofi ambientali che si sono susseguite nel tempo e che continuano ancora oggi.

Il testo proverà anche a raccontare la reazione un po’ scanzonata, ma naturale e spontaneamente ‘civile’ di un popolo, quello di Firenze, che reagì con forza, dignità e … ironia.

22 - 23 November
Teatro Studio ‘Mila Pieralli’ di Scandicci
PRIMA NAZIONALE

Arca Azzurra Teatro
IL FILO DELL’ACQUA L’alluvione, le alluvioni

di Francesco Niccolini
con Dimitri Frosali, Massimo Salvianti, Lucia Socci
scene e video Antonio Panzuto
costumi Lucia Socci
luci Marco Messeri
musiche originali Paolo Coletta
regia Roberto Aldorasi e Francesco Niccolini

Cinquant’anni fa l’Arno fu protagonista di un’autentica guerra, che non abbiamo più smesso di combattere.

Raccontare oggi quella storia, storia d’acqua e resurrezione, non è una banale cerimonia del ricordo, ma un rito collettivo e fondamentale, per chi – non dimenticando – vuole cercare i veri problemi e prevenire altra distruzione. Senza fatalismo.

E senza dare colpa all’acqua. Il filo dell’acqua, scritto da Francesco Niccolini, regia di Roberto Aldorasi e Francesco Niccolini, segue tre voci per un canto che intreccia poesia, storia e la memoria di chi c’era.

E poi la musica, le immagini, le parole di allora, i telegiornali, le opere d’arte, le prime pagine dei giornali, le voci, il pianto, tutto mischiato, vicino e lontano, in quel contraddittorio, spaventoso e al tempo stesso meraviglioso momento in cui tutto quello che è normalità e quotidianità salta e diventa straordinario e condiviso. Una produzione Arca Azzurra Teatro.

Un racconto in forma di poema installazione e rito collettivo che parla di cinquant’anni fa come fosse oggi, perché l’alluvione di Firenze, quel 4 November 66, non fu la prima e non è stata l’ultima.

Perché l’alluvione di Firenze è stata anche l’alluvione di tutta la Toscana, l’acqua alta di Venezia, l’allagamento di mezza Italia: tutto in una notte. Allora come ora. In nome dell’acqua. In nome della vita.

In nome del bene comune. La cronaca di quei giorni: incalzante, ora dopo ora; di più: minuto dopo minuto. Di come in ventiquattr’ore piovve l’acqua di 100 diebus, di come la città non fu avvertita. Minuto dopo minuto: l’ultima notte senza sapere, un risveglio da incubo, e ottanta ore di follia, raccontate mischiando ricordi, testimonianze, lettere, la voce di Sergio Zavoli in RAI, i titoli di giornali che mai arrivarono in edicola, semplicemente perché le edicole, in strada, non c’erano più. Giorni che sconvolsero l’Italia, da Venezia a Firenze.

E la tragedia di una città abbandonata, che ogni cent’anni finisce sott’acqua, senza che mai – dal Trecento a oggi – sia stato preso rimedio, né studiato un sistema d’allarme. Scandito dal ritmo perenne dell’acqua e della pioggia, il poema prende corpo: in scena due uomini, a mulier, e un immenso aggrovigliarsi di oggetti travolti dall’acqua. Suoni, rumori, immagini, tutto che scorre. Insieme raccontano e restituiscono il ricordo di giorni orribili e meravigliosi. Yup, perché incredibilmente – nella mente di tutti i protagonisti – quei momenti restano allo stesso tempo i giorni dell’umiliazione e della meraviglia, del furore e dell’entusiasmo, dell’indignazione e della solidarietà. Del lutto e della rinascita. Come al solito, tutto mischiato.

La storia immensa di una catastrofe che poteva essere mille volte di più. Ma anche la storia di una catastrofe che, almeno in parte, poteva essere evitata.

Un lungo racconto che non poteva essere affidato a una voce sola, perché storia corale, che parla di vita e di bene comune, di oblio e di un’umanità intera. Che parla di una città, Florentiae, dei suoi ponti, delle sue opere d’arte, delle sue biblioteche, delle sue persone. Che parla di un paese, Italia, che da molti anni non riesce a interrompere questa lunga, terribile, umiliante corruzione del proprio corpo. E della propria anima.