Rimosso il mantello della statua della giustizia in Piazza Santa Trinita

mantello 4E’ stata effettuata la rimozione del mantello bronzeo della statua della Giustizia in Piazza Santa Trinita, opera attualmente in restauro, per la quale è stato necessario utilizzare un’autogru con braccio di 40 metri.

L’intervento è stato pianificato tra l’Ufficio Belle Arti del Comune di Firenze, la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, il concessionario degli spazi pubblicitari (Mecenarte), il restauratore Nicola Salvioli e la ditta di movimentazione CAF, oltre al coordinatore alla sicurezza Michelina Muscillo.

Il manufatto, del peso di oltre un quintale, è composto da varie fusioni di lega di rame ed è un oggetto molto delicato, ancorato alla statua tramite 4 perni metallici.

Le operazioni preliminari dello smontaggio sono consistite nel separare il mantello dalla statua in porfido, mantenendone comunque la posizione, in attesa del sollevamento finale.

Si suppone che un precedente distacco sia avvenuto durante la seconda guerra mondiale, per metterlo al riparo dai bombardamenti e ricollocato nel 1946.

La previsione della durata del restauro in laboratorio è di circa 120 giorni.

Il ricollocamento del mantello dovrebbe avvenire entro il mese di novembre 2017.

I lavori di restauro, previsti in 150mila euro,  sono finanziati grazie alla concessione di spazi pubblicitari.

La colonna, insieme alla colonna della Pace in piazza San Felice e quella della Religione in piazza San Marco, fanno parte del grandioso processo celebrativo avviato da Cosimo I de’ Medici per la nomina a Granduca avvenuta nel 1570.

Il monolito collocato in piazza Santa Trinita, davanti alla chiesa omonima, è un dono del 1560 di Papa Pio IV alla casata medicea e proviene dallo spoglio delle Terme di Caracalla.

Il colossale fusto, dopo essere stato debitamente imbragato, iniziò il suo viaggio arrivando, attraverso mille peripezie, per via d’acqua sino a Ponte a Signa e poi, per via di terra sino a Firenze, trainato per mezzo di argani piantati nel terreno e azionati da uomini e cavalli che lo facevano avanzare su rulli lignei a loro volta posizionati su travi.

A soprintendere il trasporto erano stati incaricati Giorgio Vasari e, in particolare, Bartolomeo Ammannati.

Di fatto, la colonna inizierà a prendere forma definitiva attorno al 1570 quando sarà realizzato il rivestimento del dado di base in marmo bianco completato da una bordatura perimetrale in una breccia violacea proveniente dalle cave di Seravezza.

La realizzazione della statua, che con la mano destra brandisce una spada sguainata mentre con quella sinistra solleva una bilancia, fu affidata a Francesco del Tadda e a suo figlio Romolo, specialisti nella lavorazione del porfido, i quali eseguirono la realizzarono sul modello preparato dall’Ammannati.

Per il compimento della scultura, costituita da sei pezzi di porfido rosso antico proveniente dai deserti egiziani, abilmente assemblati con perni e fasce in rame, occorsero circa undici anni di lavoro e, solo dopo la sua collocazione, presumibilmente per equilibrarne le proporzioni vista la sistemazione in forte scorcio, si provvide a dotarla di un mantello in lamiera di rame.

Il restauro interesserà varie parti del monumento: la base in marmo bianco presenta tracce evidenti di percolazione di acque cariche di residui metallici provenienti dal mantello della statua della giustizia.

Alcune delle connessioni fra i marmi presentano decoesioni vistose.

Il fusto ha evidenti esfoliazioni.

Il mantello della statua è ossidato e così la spada e la bilancia.

Dal 2014 la colonna è ‘sorvegliata’ speciale con due sensori installati sulla sommità per verificarne in tempo reale la stabilità.

Si tratta del primo monumento controllato con continuità dalle Belle arti, che a campione verificano il patrimonio artistico fiorentino.

In totale il servizio Belle arti si trova a gestire un patrimonio cospicuo di monumenti fra i più importanti al mondo.

I beni censiti sono oltre 300, dalle lapidi ai palazzi più importanti della città come Palazzo Vecchio, senza tralasciare le chiese, le logge ed i monumenti.

Mattia Lattanzi
Dal numero 169 – Anno IV del 26/7/2017

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