Se.RI.O, primo servizio per le persone adottate alla ricerca dei genitori biologici

neonati bambiniPoter sapere chi erano i propri genitori biologici, in quale ambiente si è nati e potersi avvicinare ai motivi per i quali si è resa necessaria l’adozione: l’esperienza e le ricerche degli ultimi anni hanno evidenziato l’importanza per ogni persona di comprendere la propria storia personale in ogni sua tappa.

Nasce da qui il nuovo Servizio per le Informazioni sulle Origini (Ser.I.O.) curato dall’Istituto degli Innocenti.

Il servizio, finanziato dalla Regione Toscana, mette per la prima volta a disposizione, della persona che vuole ricercare le proprie origini un team di esperti, consulenti giuridici, psicologi, assistenti sociali,archivisti, in grado di guidare il processo di ricostruzione delle informazioni.

Il Servizio per le Informazioni sulle Origini (Ser.I.O.) si avvale della collaborazione fra i diversi soggetti del “sistema delle adozioni” toscano, in particolare, il Tribunale per i Minorenni di Firenze e di Genova, ma anche la rete dei Centri Adozioni di area vasta con i quali l’Istituto, attraverso le funzioni di Centro Regionale di documentazione per l’infanzia e l’adolescenza, interagisce per il monitoraggio dei percorsi di informazione e sostegno ai protagonisti dell’adozione.

“All’Istituto degli Innocenti appartiene un patrimonio immenso di informazioni sulle origini e le storie personali dei tanti bambini che hanno vissuto qui – spiega la presidente dell’Istituto degli Innocenti Maria Grazia Giuffrida – ma l’Istituto è anche un ente impegnato in azioni di ricerca e approfondimento sia sul fenomeno adottivo in generale che, in particolare, sul tema delle origini e per questo è il soggetto più adatto a elaborare un modello da valorizzare anche a livello nazionale”.

Continua Giuffrida: “La ricerca delle origini è un complesso intreccio tra le vite e i diritti, in primo luogo di figli e madri. Il tema chiama in causa il sentire radicato e profondo che accompagna ognuno di noi e che senza dubbio si intreccia con le storie personali e con l’evoluzione del sentire collettivo. Consentire di accedere alle informazioni sull’identità dei genitori naturali significa aiutare la persona che è stata adottata a riempire un vuoto nella propria vita”.

Aggiunge il direttore generale Giovanni Palumbo: “Questo progetto sperimentale realizzato grazie al supporto della Regione Toscana e dell’Assessore Stefania Saccardi è un unicum a livello nazionale e colma un vuoto lasciato dal legislatore (sono fermi in Parlamento vari disegni di legge) nell’ambito della definizione della disciplina procedimentale attuativa (richiamata dalla Corte di Cassazione) per consentire ai figli adottivi di ricercare le proprie origini”.

“Quello della ricerca delle origini è un tema molto delicato e complesso – commenta Stefania Saccardi, assessore al sociale della Regione – I figli adottivi che avevano desiderio di rintracciare le proprie origini e risalire ai propri genitori biologici si trovavano finora completamente soli in questa ricerca. Il servizio Ser.I.O. istituito dall’Istituto degli Innocenti mette a loro disposizione un team di esperti in grado di affiancarli e sostenerli in questo percorso. L’Istituto degl’Innocenti è da molti anni un partner istituzionale della Regione Toscana sul fronte delle politiche regionali in materia di sostegno alle famiglie, promozione della genitorialità, tutela dei diritti dei minori, monitoraggio delle condizioni in cui vivono i bambini, gli adolescenti, le famiglie con figli. Ben volentieri quindi abbiamo firmato questo accordo con l’Istituto, per supportarlo nell’attuazione del progetto Ser.I.O., anche con un sostegno economico”.

Il Se.RI.O ha il compito principale di fornire informazioni e consulenza alle persone interessate alla ricostruzione di storie personali e al reperimento di informazioni sulle origini personali e familiari, ma importante è anche accompagnare, mediare e dare sostegno, anche psicologico, a figli e genitori adottivi e a quelli biologici.

Tra gli obbiettivi del Se.RI.O anche interventi di formazione rivolti agli operatori del settore delle adozioni come alle famiglie adottive. Parallelamente il servizio attiverà un sistema di raccolta della documentazione, ricerca ed analisi del fenomeno anche attraverso iniziative di confronto ed approfondimento con altre realtà italiane ed internazionali impegnate sul tema e faciliterà i percorsi di accesso consapevole alle informazioni attraverso la costruzione di una rete di riferimento fra i diversi attori istituzionali e non, operanti in questo ambito, anche attraverso il supporto alla definizione di protocolli, procedure e modelli di intervento.

Le persone interessate a iniziare un percorso di ricerca delle proprie origini avranno la possibilità di rivolgersi a uno “sportello” (da contattare telefonicamente per fissare un colloquio su appuntamento) a cui chiedere le prime informazioni e il primo orientamento. L’équipe specializzata si incontrerà per definire un progetto sulle singole situazioni, senza mai sottovalutare quanto delicata possa essere l’esperienza di venire a conoscenza della propria storia e stabilire un contatto con i propri familiari di nascita.

In anni recenti un’ulteriore spinta ai percorsi di ricerca delle origini è venuta dal progressivo aumento dell’età dei bambini adottati (6,1 anni nel 2011 l’età media nelle adozioni internazionali, con oltre il 10% di minori superiori ai 10 anni) e dall’avvento dei social network che hanno reso più facile il recupero delle informazioni e la possibilità di rintracciare i familiari biologici. Allo stesso tempo tali opportunità hanno causato anche un incremento del fenomeno inverso, vale a dire della ricerca del figlio adottivo da parte dei suoi genitori biologici e/o di altri componenti della famiglia di nascita.

Questi elementi, unitamente alla variabilità di normative e le prassi sull’accesso ai dati da Paese a Paese, hanno anche comportato il fatto che la possibilità di cercare ed ottenere informazioni sul proprio passato si ponga molto prima del raggiungimento dei 25 anni di età previsto dalla legge italiana.

L’importanza di tale tema è di recente tornato all’attenzione anche a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 278/2013, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 28, comma 7 della legge 184/83 nella parte in cui non prevede (pur attraverso un procedimento stabilito dalla legge che assicuri la massima riservatezza), la possibilità per il giudice di interpellare la madre che ha dichiarato di non voler essere nominata, su richiesta del figlio, ai fini di un’eventuale revoca di tale dichiarazione.

In particolare le Sezioni unite della Cassazione hanno enunciato il seguente principio di diritto: “In tema di parto anonimo, per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 278 del 2013, ancorché il legislatore non abbia ancora introdotto la disciplina procedimentale attuativa, sussiste la possibilità per il giudice, su richiesta del figlio desideroso di conoscere le proprie origini di accedere alla propria storia parentale, di interpellare la madre che abbia dichiarato alla nascita di non voler essere nominata, ai fini di un eventuale revoca di tale dichiarazione e ciò con modalità procedimentali, tratte dal quadro normativo e dal principio somministrato dalla Corte costituzionale, idonee ad assicurare la massima riservatezza e il massimo rispetto della dignità della donna; fermo restando che il diritto del figlio trova un limite insuperabile allorché la dichiarazione iniziale per l’anonimato non sia rimossa in seguito all’interpello e persista il diniego della madre di svelare la propria identità”.

Questa sentenza ha aperto una riflessione importante circa l’accoglimento delle istanze presentate da persone non riconosciute alla nascita per accedere all’identità della “donna che ha partorito in anonimato”, avvalendosi del diritto alla segretezza del parto.

Più di recente, con la sentenza n. 1946 del 25 gennaio 2017, le Sezioni unite della Corte di cassazione affrontano, per la prima volta, la questione dell’attuabilità della tutela giurisdizionale del diritto all’accesso alle origini da parte del figlio nato da madre che al momento del parto dichiarava di voler rimanere anonima.

Le Sezioni unite hanno ribadito la diretta applicabilità della sentenza n. 278 del 2013 nei confronti degli organi giurisdizionali, attribuendo alla sentenza n. 278 del 2013 della Corte costituzionale natura di “sentenza additiva di principio” (si stimano circa 400-450 casi ogni anno in Italia).

Ci sono numerosi disegni di legge fermi, l’Istituto degli Innocenti in qualche modo “anticipa” la legislazione nazionale, creando un progetto unico in Italia per disciplinare le modalità concrete per la ricerca delle origini.

A livello internazionale si è molto discusso circa l’esistenza del diritto dell’adottato di conoscere le proprie origini. La legge francese ha cercato di rendere accessibile questo diritto senza mai arrivare al riconoscimento formale e ha istituito un organo ad hoc, il CNAOP (Consiglio nazionale per l’accesso alle origini personali). Per l’Inghilterra l’accesso alle informazioni alle origini e la ricerca della famiglia biologica è uno dei principi su cui si basa tutta la legislazione in materia di adozione e utilizza un meccanismo di “registri” per garantire l’accesso alle informazioni sulle proprie origini. Il riconoscimento normativo del diritto di accedere alle proprie origini è stato accolto e inserito nella legislazione di molti paesi tra cui Spagna, Svezia, Canada, Stati Uniti seppur con alcune differenze a riguardo della conservazione, delle modalità di accesso e divulgazione delle informazioni.

A seguito dell’inaugurazione del Museo degli Innocenti è cresciuto negli ultimi mesi l’interesse per le storie dei bambini dell’Istituto e sono aumentate le richieste di ricerche all’Archivio degli Innocenti. Nei primi sei mesi del 2017 quasi un centinaio di persone (erano state 80 durante l’intero 2015) ha chiesto di vedere i documenti conservati nell’archivio per cercare tracce della storia di un “nocentino”. Nel caso in cui siano passati cento anni dalla sua data di nascita la ricerca può essere svolta direttamente dai familiari accompagnati dal personale dell’Istituto degli Innocenti utilizzando i fascicoli conservati nell’Archivio storico. Quando la ricerca riguarda la propria storia personale la persona che è stata adottata deve fare domanda al Tribunale per i minorenni della propria città di residenza (legge 149 del 2001), mentre chi non è stato adottato può fare una semplice richiesta all’Istituto, il quale provvederà con il proprio personale a svolgere la ricerca e a fornire le informazioni consentite dalla legge. Potrà così ricevere copia dei documenti che lo riguardano, ma troverà segretate quelle informazioni che non possono essere comunicate, come il nome della madre in caso di parto anonimo.

Dai dati del Tribunale per i minorenni di Firenze, raccolti dal Centro regionale toscano di documentazione per l’infanzia e l’adolescenza, emerge che nel 2016 sono state 470 le coppie che si sono “candidate” all’adozione (il 33% delle quali è residente nella provincia di Firenze). Si è arrestato quindi il calo di disponibilità che si era registrato negli ultimi anni.

Continua la tendenza del rialzo dell’età media delle coppie che raggiunge i 42,6 anni per gli uomini e i 41,1 anni per le donne, come quella dei bambini dati in adozione che nel caso di adozioni internazionali supera la soglia dei sei anni. Nel 2016 sono state 35 le sentenze di adozione nazionale pronunciate dal Tribunale, 242 i bambini adottati da altri Paesi (erano 200 nel 2015). Sono sette i Paesi che influenzano più degli altri il dato 2016: la diminuzione più importante riguarda la Russia da cui provengono 34 bambini (erano stati 77 nel 2014). Diminuiscono anche le adozioni dal Cile, dal Brasile e dall’Etiopia, mentre aumentano gli adottati dal Congo, dall’India e dall’Ungheria.

Il tempo medio tra la presentazione della domanda di adozione e l’adozione nazionale rimane sotto i 3 anni, sale a 4 nel caso di adozione internazionale.

Mattia Lattanzi
Dal numero 181 – Anno IV del 22/11/2017