Toscana terra felice per le specie aliene invasive

Alieni_Grigi157 invertebrati, 47 vertebrati, 363 piante: sono almeno 567 le specie aliene invasive diffuse in Toscana.

Introdotte dall’uomo accidentalmente o volontariamente al di fuori dell’area di origine, le specie aliene invasive sono sempre più presenti anche in questa regione, con un impatto notevole sull’ambiente e sulla biodiversità, ma non solo: la stima dei costi sociali ed economici di questo fenomeno supera infatti i 12 miliardi di Euro ogni anno nella sola Unione Europea.

Per frenare la diffusione delle specie aliene invasive e aumentare la consapevolezza della cittadinanza sul tema, è nato il Life ASAP (Alien Species Awarness program) – il progetto cofinanziato dalla Commissione Europea e coordinato da ISPRA, che vede coinvolti in qualità di partner la società Nemo Srl di Firenze, Regione Lazio (Direzione ambiente e sistemi naturali), Federparchi, Legambiente, Unicity Srl e Università di Cagliari, con il cofinanziamento del Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare e dei Parchi nazionali tra i quali l’Arcipelago Toscano, oltre al Parco dell’Aspromonte, Appennino Lucano e Gran Paradiso.

Tra gli alieni maggiormente diffusi in Toscana, il gambero rosso della Louisiana, spesso conosciuto al pubblico con il nome di gambero killer (Procambarus clarkii), diffuso in tutte le province ma in particolare nella piana tra Firenze e Prato e nelle zone umide (Fucecchio, Massaciuccoli) dove danneggia gli ecosistemi naturali, gli argini dei corsi d’acqua e le attività di acquacoltura.

Questo gambero lungo fino a 20 centimetri è in grado di colonizzare ogni tipo di ambiente acquatico, dalle acque superficiali di fiumi e laghi, alle acque salmastre a quelle in ambienti di grotta, che spesso ospitano specie rare o endemismi.

Il gambero killer presenta inoltre molti rischi per la salute del consumatore a causa della capacità di accumulare nei propri tessuti metalli pesanti e tossine algali e, potenzialmente, di trasmettere alcune malattie infettive.

È un vorace predatore opportunista, in grado di nutrirsi a spese di animali e piante e negli ambienti invasi, sia naturali che artificiali, raggiungendo spesso elevate densità. Per i suoi conclamati molteplici impatti, già da tempo la specie è stata inserita nella lista DAISIE (Delivering Alien Invasive Species Inventories for Europe) che include le 100 peggior specie invasive in Europa ed è attualmente tra le specie di rilevanza unionale cui si applica il nuovo Regolamento UE 1143/2014.

E proprio la Toscana sembra essere stata la “porta d’ingresso” in Italia per il punteruolo rosso (Rhynchophorus ferrugineus), coleottero originario dell’Asia tropicale comparso nel bacino del Mediterraneo nei primi anni ’90, rinvenuto per la prima volta nel nostro Paese in provincia di Pistoia nel 2004 in seguito all’importazione di palme infestate dall’Egitto in un vivaio.

Il punteruolo rosso è attualmente diffuso in molte regioni Italiane e ancora oggi costituisce una delle principali emergenze fitosanitarie che la regione si trova a fronteggiare a causa della sua invasività e per i danni che è in grado di arrecare a molte specie di palme.

A rendere problematica la vita nei fiumi toscani abbiamo anche il pesce siluro, una specie originaria dell’Europa centro settentrionale e dell’Asia Minore che nei nostri corsi d’acqua raggiunge lunghezze tra uno e due metri. È un formidabile predatore che si nutre da giovane di invertebrati e da adulto soprattutto di pesci, ma anche di piccoli uccelli e mammiferi.

Introdotto in Europa per fini sportivi, in Italia la specie è stata segnalata nelle acque del bacino del fiume Po nel 1957, per diffondersi poi intorno al 1970. In Toscana il siluro è apparso alla fine degli anni ’80 nei laghetti privati di pesca sportiva in provincia di Firenze. Attualmente si ritrova nel fiume Arno e nel Serchio, oltre a segnalazioni in corso di verifica in altri bacini.

A minacciare gli ecosistemi di fiumi e laghi c’è anche la rana toro Americana, Lithobates catesbeianus, che può raggiungere i 20 cm di lunghezza e oltre 1.5 kg di peso. In Italia la specie, che è inclusa nella lista dell’Unione Europea delle specie di rilevanza unionale, è stata importata la prima volta per fini gastronomici nelle acque di Corte Brusca (Mantova) intorno al 1935 e da qui, per naturale espansione o successive immissioni, si è diffusa in buona parte della Pianura Padana.

La popolazione toscana deriva da pochi giovani provenienti dagli Stati Uniti immessi nelle acque del Fosso Vermiglia (Quarrata, Pistoia) all’inizio degli anni ‘70. Si tratta di una specie molto attiva e particolarmente vorace, che si nutre di numerosi invertebrati e vertebrati di piccola e media taglia come pesci, altri anfibi (fra cui altre rane e tritoni), serpenti, piccoli di tartarughe palustri, pulcini di uccelli acquatici e micromammiferi. La rana toro, inoltre, risulta essere un portatore del fungo Batrachochytrium dendrobatidis, che rappresenta al momento la più rilevante minaccia a livello globale per la sopravvivenza degli anfibi.

La testuggine palustre americana, Trachemys scripta, originaria di un ampio territorio degli Stati Uniti centrali e sud-orientali, è stata introdotta in numerosi paesi a fini ornamentali e il suo continuo rilascio in natura ha dato luogo a molte popolazioni alloctone allo stato libero. Segnalata inizialmente negli anni ‘70 in Abruzzo, attualmente il suo areale sembra in costante espansione, tanto che oggi è presente in quasi tutte le regioni italiane. In Toscana se ne registrano numerosi esemplari. Questa specie aliena, anch’essa classificata tra quelle di rilevanza unionale, può causare un forte impatto sull’autoctona testuggine palustre europea, Emys orbicularis, ed è portatrice di vari sierotipi di Salmonella enterica, che possono essere trasmessi anche all’uomo, provocando talora gravi enteriti.

“È sempre più urgente affrontare in modo più efficace le minacce causate dalle specie invasive, e per questo è essenziale il ruolo delle regioni, dei parchi e, soprattutto, dei cittadini – ha dichiarato Piero Genovesi, project manager del Life ASAP, responsabile Area conservazione e gestione della fauna di ISPRA – solo con il concorso di tutti possiamo prevenire altre introduzioni e mitigare gli effetti di quelle già presenti. La Toscana da sempre, per motivi storici e biogeografici, svolge un ruolo chiave nelle invasioni biologiche, e il Progetto Life ASAP è pronto a dare il proprio supporto anche in questa regione”.

“La nostra società ha una grande esperienza in progetti europei e nazionali che hanno come obiettivo il contenimento degli impatti di specie aliene invasive, siano esse piante o animali – ha dichiarato Paolo Sposimo, presidente del CDA di Nemo e responsabile per Nemo del Life ASAP – in ambiente insulare l’impatto delle specie aliene invasive è spesso enorme ed è in questi contesti, in particolare, che abbiamo svolto alcuni dei principali lavori. Un esempio importante è il progetto europeo LIFE ‘Montecristo’, le cui azioni di contenimento del ratto nero (Rattus rattus) e dell’ailanto (Ailanthus altissima) hanno consentito di ottenere incredibili risultati nella tutela di specie ed habitat di interesse comunitario. Al di fuori delle isole la nostra attività in questo settore si è concentrata principalmente su zone umide e ambienti costieri: in questi ultimi ricade un altro progetto cui siamo particolarmente affezionati, che ha portato al ripristino morfologico del sistema dunale e retrodunale del Golfo di Follonica con varie azioni, tra cui l’eradicazione del Carpobrotus o fico degli ottentotti, una bella quanto invasiva pianta originaria del Sud Africa”.

Perché a gradire climi e paesaggi della Toscana non sono solo le specie aliene animali: a causa delle numerose aziende e attività vivaistiche e selvicolturali, agricole e di commercio di semi, anche le piante hanno avuto opportunità di giungere da più parti del mondo e trovare nella regione terreno facile per diffondersi. Come il già citato carpobroto o fico degli ottentotti, che è una pianta di indubbia bellezza molto popolare nei giardini privati, in grado di diventare invasiva e formare tappeti monospecifici con danni alla biodiversità soprattutto in contesti insulari e costieri. In passato poi, si è spesso fatto ricorso a specie alloctone rivelatesi poi spesso altamente invasive, per il verde ornamentale e per il consolidamento di scarpate e pendici detritiche (come Ailanthus altissima, oppure la mimosa Acacia dealbata), nelle massicciate stradali e ferroviarie (ad esempio l’acacia Robinia pseudoacacia, specie nordamericana) e perfino a seguito di bonifica di terreni (come nel caso degli eucalipti, di origine australiana).

Mattia Lattanzi
Dal numero 167 – Anno IV del 12/7/2017