ಈಸ್ಟರ್ ದಿನ 2020 a Firenze col Coronavirus

Se hanno colpito in tutto il mondo, durante la trasmissione in mondovisione, le immagini di Papa Francesco camminare in una Piazza San Pietro vuota e benedire l’umanità intera affacciandosi su una Piazza deserta, sicuramente i fiorentini non possono non essere stati colpiti dalle immagini del giorno di Pasqua, trasmesse da tutte le televisioni toscane, del loro Arcivescovo, Cardinale Giuseppe Betori che attraversa, da solo, una cattedrale deserta, per affacciarsi dal sagrato col cero pasquale per benedire, in un silenzio assoluto, e una piazza del duomo deserta, la città di Firenze e i fiorentini, con accanto il solo Sindaco con la fascia tricolore.

Il Coronavirus è riuscito anche a cancellare una delle tradizioni più radicate nell’animo verace dei fiorentini, ovvero lo Scoppio del Carro nel giorno di Pasqua.

Una tradizione popolare fiorentina che però radica la sua origine e la sua vitalità nei secoli grazie alla religiosità della città di Firenze; ed è proprio per questo che il Cardinale Betori, assieme al Sindaco, hanno voluto dare un segnale chiaro con un gesto simbolico anche in occasione di questa Pasqua che è stata celebrata in maniera speciale quanto singolare.

Lo ha ben ricordato lo stesso Cardinale nella sua omelia durante il solenne pontificale celebrato a porte chiuse ma in diretta televisiva e streaming su diversi siti: “Come accadeva nella Città santa – ha detto Betori –, anche a Firenze si volle esprimere l’accoglienza di Cristo risorto, portando nelle case dei fiorentini una fiamma tratta dal Cero che nella Veglia pasquale viene acceso dal fuoco nuovo, il Cero che è simbolo del Risorto. All’inizio un carro passava lungo le strade della città e portava il fuoco nuovo nelle case, con delle fiaccole. Con il passare del tempo, questo carro è diventato sempre più ricco, fino a diventare esso stesso un fuoco, che vuole illuminare simbolicamente, dal sagrato della cattedrale, l’intera città. Ma tutto, ancora oggi, nasce dalla fiamma del Cero pasquale, una fiamma che qui a Firenze ha un’altra rilevante caratteristica, unica al mondo: essa viene accesa dal fuoco ottenuto sfregando tre pietre tratte dal Santo Sepolcro di Gesù, pietre che – secondo un’antica leggenda – un nostro concittadino, Pazzino de’ Pazzi, ebbe in dono da Goffredo di Buglione, durante la prima Crociata, come riconoscimento per aver portato per primo il vessillo della Croce sulle mura di Gerusalemme. Dal fuoco, tratto dal Sepolcro di Gesù, che alimenta la fiamma del Cero pasquale, viene accesa la miccia della Colombina che, ನಿಮ್ಮ ಹಿಂದೆ, accende i fuochi del Carro e ne provoca lo Scoppio”.

“Questa storia e queste tradizioni ci appartengono da secoli. ಈ ವರ್ಷ, in cui non è sembrato opportuno riproporre il rito dello Scoppio del Carro, non si è voluto però far mancare a Firenze il suo fondamento, il suo significato più profondo. La luce del fuoco benedetto c’è, e ci sarà sempre, ed è la fiamma del Cero pasquale. Questo Cero, al momento del Gloria, ho portato dall’altare fin sul sagrato della cattedrale e lì, dove avrebbero dovuto mostrarsi e sentirsi i fuochi luminosi e fragorosi del Carro, ho mostrato alla città l’esile fiamma del cero, che è Gesù, la sorgente della Pasqua e quindi della speranza per l’umanità”.

“La fiamma è piccola, umile, come umile e nascosta è l’operosità di quanti, nella sanità e nell’agire solidale, si prendono cura in questi giorni delle persone più deboli, i malati e i poveri. Tenendo nel cuore sia i fragili che i buoni samaritani, ho mostrato alla città il Cero di Cristo Risorto, avendo accanto a me il Sindaco di Firenze, a dire che tutta la città condivide il messaggio di speranza racchiuso in quell’esile fiamma. Un messaggio che non è solo per i credenti, ma è rivolto a tutti, perché tutti in questo momento abbiamo bisogno che ci si dica che la luce ha la meglio sulle tenebre, che donarsi l’uno all’altro allontana ogni paura, perché non siamo più soli2″.

Durante la Veglia nella notte di sabato, anche questa trasmessa in diretta, aveva invece evidenziato come “la notte della Pasqua la liturgia convoca tutti e quattro gli elementi primordiali del cosmo: il fuoco che illumina la notte e che ora si concentra nella fiamma del cero; la luce che da questi promana e illumina lo spazio, l’aria all’intorno; l’acqua che, abitata dallo Spirito, genera la vita nuova; infine la terra, la roccia del sepolcro, vuoto perché il Signore è risorto. La storia per noi è cambiata da un momento all’altro. Eravamo così sicuri di noi stessi, del modello di civiltà che andavamo costruendo, che abbiamo potuto pensare di essere invulnerabili, così forti nella nostra volontà di potenza da ritenere di poter tradurre ogni desiderio in un diritto, di poter estendere senza limiti i confini del nostro dominio sul mondo”.

“I segni premonitori, che pur ci sono stati, non hanno scalfito questa fiducia assoluta nelle nostre possibilità: né l’11 settembre 2001 e il terrorismo che di lì in poi ha insanguinato il mondo, né la crisi finanziaria del 2008 con le devastanti conseguenze economiche sulle persone e i paesi più deboli, né le migrazioni degli ultimi anni a cui si è reagito con l’impreparazione o con i muri e il riemergere del razzismo. Ma ora il nemico ci aggredisce senza farsi vedere e non guarda in faccia a nessuno, svelando la radicale fragilità della condizione umana. Le culture diffuse hanno tentato di convincerci che l’uomo è padrone di se stesso, al punto di avere nelle sue mani il potere di cambiare la propria natura. Ma l’umanità che ha cominciato a giocare pericolosamente nel modificare il proprio DNA, si è accorta di tutti i suoi limiti di fronte a un virus che non solo fatica a debellare, ma persino a conoscere”.

“La presunzione circa il potere dell’uomo si estende alla diffusa pretesa di una garanzia assoluta alle sue scelte, cercando di estendere le forme dei nostri diritti. Si è giunti a rivendicare il diritto di poter morire quando e come si vuole, e ora ci si ritrova nella condizione che la morte ci assale in tempi e modi che non riusciamo a governare. La storia per noi è cambiata da un momento all’altro. Eravamo così sicuri di noi stessi, del modello di civiltà che andavamo costruendo, che abbiamo potuto pensare di essere invulnerabili, così forti nella nostra volontà di potenza da ritenere di poter tradurre ogni desiderio in un diritto, di poter estendere senza limiti i confini del nostro dominio sul mondo.

“Non bastano gli slogan di questi giorni a nutrire la speranza di cui abbiamo bisogno. Abbiamo poi bisogno di luce per il futuro, perché nessuno di noi può pensare che il futuro possa essere uguale al passato”.

Riprese video e foto di Franco Mariani.

ಫ್ರಾಂಕೊ ಮೇರಿಯಾನಿ
ಸಂಖ್ಯೆ 291 – Anno VII del 15/4/2020

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