Il Cardinale Ravasi a Firenze per le Beatitudini: sperimentiamo la felicità solo quando siamo poveri nello spirito

Incontro di spiritualità a Firenze con il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente Pontificio Consiglio della cultura su Beatitudine: “Sperimentiamo la felicità solo quando siamo poveri nello spirito” .

Incontro promosso dall’Ufficio catechistico dell’Arcidiocesi di Firenze nell’ambito del consueto annuale ciclo per sacerdoti e laici che quest’anno hanno avuto come tema il discorso che Papa Francesco ha tenuto nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore nel 2015 in occasione del quinto Convegno Ecclesiale che aveva come titolo “In Cristo il nuovo umanesimo”.

“Quale spiritualità per la Chiesa italiana secondo Papa Francesco?” si chiede dunque l’Arcivescovo di Firenze, Καρδινάλιος Τζουζέπε Betori, con la Comunità a lui affidata con questo ciclo di incontri iniziati ad ottobre 2017 e che si concluderanno a maggio prossimo.

Nell’introdurre l’amico e compagno di studi il Cardinale Giuseppe Betori ha voluto sottolineare come “la sua generazione per noi giovani seminaristi era un forte punto di riferimento. Insieme al Cardinale Martini, don Gianfranco è il principale attore della divulgazione biblica per quanto riguarda un inquadramento dei risultati dell’esegesi all’interno di un sapere Universale”.

Nella sua conferenza il Cardinal Ravasi ha scelto come riferimento ideale un pentagramma, del quale Beatitudine e Povertà sono state le righe contenenti le note principali di tutta la melodia.

“Chi è stato in Terra Santa – ha detto il porporato – sa che c’è il Monte delle Beatitudini, un poggio che spicca sul lago di Tiberiade, con questo santuario con un’atmosfera profondamente cristiana; in realtà è un memoriale, non è quello il luogo in cui Gesù avvia quel lungo discorso da ciò che manca all’essere umano a ciò che gli è promesso, che nella versione del vangelo di Matteo inizia al capitolo 5 e termina col brano della casa sulla roccia. Il monte è metaforico e ha un significato cristologico: il monte ci porta a Cristo. E su questo esistono due scuole esegetiche differenti: la prima vede Gesù come il nuovo e perfetto Mosè, colui che è il tramite supremo della Parola; la seconda definisce Cristo come epifania del volto di Dio stesso”.

Ricordando San Tommaso d’Aquino, il cardinale ha affermato che “le beatitudini sono un decalogo ideale per tutti, per coloro che affaticano il loro passo, per quei volti modesti, striati di lacrime, segnati anche dal male. I nostri volti storici caratterizzati da fragilità, che devono declinare queste beatitudini nella realtà quotidiana”.

Ravasi ha ricordato che i poveri sono, per e con Gesù, i co-protagonisti della storia “la povertà è l’atteggiamento proprio del credente. Il termine ebraico letteralmente vuol dire ‘essere curvi’, anche perché socialmente e concretamente il potere ti fa stare piegato e ti schiaccia. Dall’altra parte il povero è colui che sta chino perché riconosce adorando la trascendenza e la superiorità di Dio”.

Nella versione di Matteo, il vangelo parla di Poveri in Spirito, “perché lo Spirito è la dimensione più profonda dell’uomo, è l’essenza, è il luogo dove dimora la beatitudine-felicità, la felicità non è avere ma essere; è lo status in cui siamo, per questo rimane nella bufera del dolore; è quella Pace interiore che ti fa andare avanti nel cammino della vita”.

Riprese video e foto a cura di Franco Mariani.

Frank Mariani
Από τον αριθμό 201 – Anno V del 25/4/2018

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